Qual’è la sorte dei prestiti concessi tra coniugi in sede di separazione o divorzio?

In via generale si ritiene che non sono restituibili. Secondo la Suprema Corte, i prestiti tra coniugi che avvengono nel corso del matrimonio fanno parte del mutuo soccorso che dovrebbe esserci tra marito e moglie, dunque “la consegna o un prestito di denaro tra coniugi avviene generalmente nella riservatezza della vita familiare”.

Ciò non esclude che i coniugi possano mettere nero su bianco le modalità di estinzione del mutuo, È da ritenersi, infatti, valida la scrittura privata che preveda l’obbligo, da parte di un coniuge, di restituire all’altro – in caso di separazione – le somme da questi ricevute in prestito durante il matrimonio o anche prima. Lo puntualizza la Cassazione, III sezione civile, con sentenza 19304/2013.

Pertanto, a prescindere dal regime patrimoniale prescelto dalla coppia (se la comunione dei beni o la separazione), nulla vieta loro di attestare, prima o durante il matrimonio, la sussistenza di un mutuo, e subordinare la restituzione della somma a un evento (futuro e incerto) quale la separazione.

Un patto di tale tipo contiene, da un lato, un esplicito riconoscimento dell’esistenza di un debito conseguente a un mutuo. Dall’altro, invece, sottopone a condizione l’obbligo della restituzione, condizione che appunto consiste nella fine del legame matrimoniale. Il fallimento del matrimonio viene letto non come «causa generica» dell’accordo (che renderebbe nullo il patto configurabile come prematrimoniale) ma quale semplice «evento sospensivo» e, dunque, lecita condizione.

La giurisprudenza di legittimità precisa altresì che la prospettiva di dover restituire il prestito a seguito di crisi coniugale non può considerarsi illecita, in quanto non determina, nei coniugi, alcuna coercizione o “limitazione della sfera di libertà”.

In conclusione se i coniugi volessero subordinare la restituzione di un prestito alla fine del loro rapporto, l’accordo sarebbe pienamente valido.